Se pensi di aver subìto un errore medico, noi siamo qui anche per te.
ottieni unaCon oltre 25 anni di esperienza, possiamo assicurarti il sostegno necessario nelle vicende di malasanità.
Con oltre 25 anni di esperienza, possiamo assicurarti il sostegno necessario nelle vicende di malasanità.
Per noi non sei soltanto un caso, ma abbiamo a cuore le tue ragioni perché la nostra Associazione nasce proprio per questo.
Da 25 anni operiamo nel settore con professionisti specializzati.
Le diverse specializzazioni dei professionisti con cui collaboriamo consentono un supporto globale.
L’umanità delle persone che compongono l’Associazione assicura un rapporto confidenziale.
Privilegiamo l’accordo bonario al complesso percorso giudiziario.
Abbiamo a cuore prima di tutto le tue esigenze, ti accompagneremo con professionalità e umanità verso il risultato finale.
Leggi le storie di malasanità di cui ci siamo occupati e scopri quali risarcimenti hanno ottenuto i nostri assistiti.
Il signor Angelo, di 49 anni, giunge al Pronto Soccorso accusando forti dolori allo stomaco.
Viene sottoposto ad esami ematici che, pur rilevando valori alterati per lesione miocardica in atto, non vengono visionati da alcun medico, tanto che ad Angelo viene comunicato trattarsi di un disturbo origine gastrica: diagnosi che lo induce a rifiutare il ricovero.
La mattina del giorno successivo, a poche ore dalla dimissione volontaria, purtroppo il signor Angelo viene colpito da morte improvvisa. Il riscontro autoptico, successivamente eseguito, dimostra l’esistenza di un infarto miocardico in fase acuta.
IL DANNO SUBITO
Il grave errore diagnostico compiuto all’interno del pronto soccorso, quando sussistevano gli elementi diagnostici necessari per intervenire d’urgenza, ha determinato il decesso prematuro del signor Angelo.
IL RISARCIMENTO
Si è resa necessaria l’azione giudiziale, al termine della quale il Tribunale ha riconosciuto agli eredi la somma complessiva di € 900.000,00.
Disabilità infantile per cesareo ritardato
La signora Serena ha 37 anni ed è in attesa di una bimba. Alla 39ª settimana e 3 giorni di gestazione, Serena deve recarsi al Pronto Soccorso di un ospedale di Roma per dolori da travaglio: la sua gravidanza, fino ad allora, ha avuto un decorso fisiologico e non problematico.
La gestante viene sottoposta ad un monitoraggio cardiotocografico e a una visita ostetrica che confermano il procedere regolare del travaglio.
A distanza di 4 ore, il personale decide di eseguire la rottura artificiale delle membrane e, successivamente, un lungo monitoraggio che evidenzia segni di sofferenza fetale con gravi decelerazioni del battito. Solo di fronte a un quadro clinico così compromesso e dopo ben 12 ore dal ricovero, Serena viene sottoposta a episiotomia, vengono usate ben 5 ventose ostetriche con ripetuti tentativi e praticate 8 manovre di Kristeller che, vista la posizione cefalica non in linea, non danno risultati in termini espulsivi ma diventano la causa di una grave sofferenza respiratoria.
Solo dopo aver eseguito questi vani tentativi, i sanitari decidono per un taglio cesareo.
Viene così alla luce la piccola Beatrice che, oltre a presentare edema da ventosa alla testa e miosi fissa degli occhi, viene anche intubata per assenza di respiro spontaneo e ricoverata per ben 30 giorni con diagnosi di asfissia perinatale.
Sarebbe bastato eseguire il taglio cesareo al momento dell’insorgere dei primi segni perché si evitassero le gravi conseguenze neurologiche riportate dalla bimba. La CTU disposta dal Magistrato depone per una sottovalutazione da parte dei sanitari della sofferenza fetale e per un intempestivo ricorso al taglio cesareo.
IL DANNO SUBITO
Quando sussistono casi di errore medico in ostetricia, il danno coinvolge sempre due vite: quella della mamma e del suo bambino. In questo caso, Serena ha subito un’inutile sofferenza riportando un trauma psicologico. La piccola Beatrice, purtroppo, ha riportato una grave disabilità psicomotoria dovuta alla prolunga carenza di ossigeno.
IL RISARCIMENTO
Il giudizio si è concluso con l’emissione di una sentenza di condanna con liquidazione a favore della bimba e dei suoi familiari di complessivi € 3.600.000,00.
Nel 1969, Davide era solo un bambino quando viene ricoverato per una semplice appendicectomia.
Durante l’intervento, si rendono necessarie delle trasfusioni di sangue e di plasma purtroppo successivamente risultate infette dal virus HCV e HIV. Tra la fine degli Ottanta e l’inizio dei Novanta, migliaia di persone come Davide vengono infettate tramite la trasfusione di sangue ed emoderivati infetti e non preventivamente controllati, come da protocollo.
Nel 2004, all’età di 35 anni, Davide muore per numerose complicanze dovute a un sistema immunitario gravemente compromesso.
IL DANNO
In seguito alla trasfusione di sangue infetto, il calvario fisico e psicologico vissuto da Davide è stato lento e inesorabile. Anche per i familiari, la vicenda è stata segnata, oltre che da un profondo dolore, da un senso di impotenza. Sono infatti dovuti trascorrere diversi anni dalla perdita del proprio caro affinché la sorella e la mamma di Davide prendessero in mano la vicenda alla ricerca di giustizia.
IL RISARCIMENTO
Dopo un percorso piuttosto lungo e faticoso, si è giunti alla sentenza che ha riconosciuto la piena responsabilità del Ministero della Salute per la mancanza dei controlli dovuti sulle sacche di sangue trasfuso; sentenza onorata, e solo a seguito di proposizione di ricorso di ottemperanza, con liquidazione a favore dei familiari della somma di € 1.150,000,00.
Da circa due anni il signor Claudio, di 83 anni, si reca con regolarità presso il medesimo Ospedale a causa di una ferita che non si rimargina. I sanitari, conoscendo la sua patologia diabetica, effettuate le solite medicazioni, lo rimettono sempre al suo medico curante.
Dopo un esame diagnostico quella ferita non presa nella giusta considerazione, risulta essere un carcinoma squamoso. Il signor Claudio viene quindi sottoposto d’urgenza a un intervento di amputazione della gamba sinistra. L’operazione, però, non risulta sufficiente ad arrestare la malattia ormai degenerata a causa del grave ritardo diagnostico.
Dopo un anno di cure aggressive accompagnate da tanta sofferenza, il signor Claudio muore.
IL DANNO SUBITO
Il signor Claudio ha subito un intervento amputativo oltre ad un trattamento terapeutico massivo e invasivo durato un anno. Una lunga ed estenuante sofferenza, anche per i familiari, drammaticamente conclusasi con il decesso.
IL RISARCIMENTO
Il risarcimento è intervenuto dopo due gradi di giudizio, entrambi con esito positivo.
La CTU medica disposta dal Giudice ha fatto chiarezza sugli eventi riconoscendo la responsabilità dei sanitari della struttura, condannata a risarcire i congiunti del signor Claudio con la somma di € 225.000,00.
Decesso per ritardo operativo
La signora Natalia, di 51 anni, è al lavoro quando accusa forti dolori alla testa con conseguente svenimento. Con l’arrivo del 118, viene trasportata al Pronto Soccorso di un vicino Ospedale dove le viene assegnato un codice verde con la diagnosi di sofferenza da cervicale.
A fronte del grave peggioramento delle condizioni che evidenziavano i segni di una criticità cerebrale, con intensi episodi di vomito, il neurochirurgo dispone l’esecuzione di una panangiografia urgente per emorragia cerebrale in atto. L’operazione, però, viene procrastinata dai sanitari i quali intervengono sulla rottura dell’aneurisma con un grave ritardo operativo. Dopo due giorni di coma, la signora Natalia decede.
IL DANNO SUBITO
La signora Natalia è stata vittima di un’errata diagnosi al pronto soccorso e di un ritardo operativo da parte del personale sanitario che non ha agito tempestivamente sull’emorragia in atto. Al decesso della donna si aggiunge il calvario subito dalla signora e dai suoi congiunti.
IL RISARCIMENTO
La vertenza si è conclusa con una sentenza del Tribunale di Roma, che ha riconosciuto ai familiari un risarcimento di € 135.000,00.
Decesso per infezione post-operatoria
Il signor Walter, all’età di 79 anni, si sottopone ad intervento chirurgico di asportazione di glioblastoma. A seguito dell’operazione, perfettamente riuscita, insorge nel paziente una grave infezione polmonare causata dalla presenza di un batterio nosocomiale. Il paziente viene sottoposto a massiccia terapia antibiotica, che tuttavia non riesce ad evitare il peggioramento dello stato settico con compromissione degli organi vitali ed il successivo decesso del paziente.
IL DANNO SUBITO
L’infezione ospedaliera è stata così invasiva da non rispondere alle terapie farmacologiche e da portare purtroppo il signor Walter al decesso.
IL RISARCIMENTO
Il Tribunale, al termine del giudizio nel corso del quale è stata accertata l’omessa adozione delle misure volte a garantire la corretta sterilizzazione degli ambienti nosocomiali, ha accertato la piena responsabilità della Struttura Ospedaliera, condannandola al risarcimento in favore degli eredi della complessiva somma di 730.000 euro.
Periplo Familiare nasce nel 1992 con l’obiettivo di tutelare le persone vittime di errori medici, supportandole nell’azione legale e aiutandole a ottenere il giusto risarcimento per il grave torto subìto.
Ogni caso è unico, e per questo richiede un’attenzione particolare. È il motivo per cui abbiamo riunito esperti e professionisti in un contesto più intimo e familiare, al fine di fornire ai nostri assistiti non solo il massimo della professionalità, ma anche il calore e la sensibilità necessari per affrontare un momento così difficile e delicato.
Il coinvolgimento emotivo del personale e dei medici legali fiduciari dell’Associazione, assieme a una relazione trasparente e competente, sono stati spesso determinanti per far ritrovare ai nostri assistiti la forza per ripartire.
Una selezione di quotidiani e riviste nazionali che raccontano come lavoriamo e quali risultati possono ottenere le persone che hanno subìto un caso di malasanità.