
Ti sei mai chiesto perché, anche quando un danno appare evidente, ottenere giustizia non è sempre semplice? Perché in alcuni casi l’ospedale nega ogni responsabilità, sostenendo che si sia trattato di una “complicanza inevitabile”?
Quando un paziente decide di far valere i propri diritti dopo un errore sanitario, uno degli ostacoli principali è capire chi deve dimostrare cosa e con quali strumenti.
Nel contenzioso sanitario, infatti, non basta aver subito un danno: è necessario dimostrare che quel danno dipende da una condotta non corretta del medico o della struttura. È qui che entra in gioco un concetto centrale ma spesso poco chiaro per chi non è del settore: l’onere della prova nella responsabilità medica.
Comprendere come funziona l’onere della prova è fondamentale per sapere se il proprio caso ha reali possibilità di successo, quali documenti sono necessari e perché il supporto di professionisti esperti fa la differenza tra una richiesta respinta e un risarcimento riconosciuto.
Nel diritto, l’onere della prova indica l’obbligo di dimostrare i fatti su cui si fonda una pretesa. In termini semplici, chi chiede tutela al giudice deve fornire gli elementi necessari per dimostrare che ciò che afferma è vero.
Secondo il principio generale previsto dall’art. 2697 del Codice Civile, chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Questo principio vale anche in ambito sanitario, ma con importanti specificità che rendono la materia più complessa e, allo stesso tempo, più tutelante per il paziente.
Nel contesto della responsabilità medica, la prova non riguarda solo l’esistenza del danno, ma anche:
A seconda che si proceda contro il singolo sanitario o contro la struttura ospedaliera, e a seconda del tipo di responsabilità invocata, le regole cambiano. La giurisprudenza ha progressivamente rafforzato la tutela del paziente, riconoscendo che, in molti casi, è la struttura a dover dimostrare di aver agito correttamente, soprattutto quando la documentazione clinica è incompleta o poco chiara.
Per questo motivo, conoscere come viene ripartito l’onere della prova nella responsabilità medica non è un tecnicismo giuridico, ma un passaggio essenziale per capire se e come far valere i propri diritti dopo un danno alla salute.
Nel giudizio civile per responsabilità sanitaria, il paziente non è chiamato a dimostrare ogni singolo errore tecnico commesso dal medico. La giurisprudenza ha chiarito che il paziente deve provare principalmente:
Una volta forniti questi elementi, spetta alla struttura sanitaria dimostrare di aver agito correttamente, rispettando le linee guida, i protocolli e le buone pratiche clinico-assistenziali. Questo principio rappresenta una tutela importante, perché riconosce che il paziente non ha accesso diretto alle informazioni tecniche e organizzative dell’ospedale.
La cartella clinica è il documento centrale in ogni causa di responsabilità medica. La legge impone alla struttura sanitaria l’obbligo di redigerla in modo completo, veritiero e accurato, documentando ogni fase dell’assistenza.
Quando la cartella clinica risulta incompleta, contraddittoria, priva di dati essenziali, o redatta in modo impreciso, il giudice può valorizzare questa carenza come elemento a favore del paziente. L’incompletezza documentale, infatti, non può ricadere sulla parte che ha subito il danno, ma su chi aveva l’obbligo di documentare correttamente l’attività sanitaria.
In questi casi, l’assenza di prova può trasformarsi in una presunzione di responsabilità della struttura, soprattutto quando la condotta sanitaria risulta astrattamente idonea a causare il danno lamentato.
Quando si parla di responsabilità sanitaria, non sempre il soggetto chiamato a rispondere del danno è il singolo medico. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’azione risarcitoria viene rivolta direttamente contro la struttura sanitaria, pubblica o privata, perché è con essa che il paziente instaura un vero e proprio rapporto di cura. Questa distinzione è tutt’altro che secondaria, poiché incide in modo determinante sull’onere della prova.
Nei confronti dell’ospedale o della clinica, la responsabilità è generalmente di tipo contrattuale. Ciò significa che il paziente deve dimostrare di essersi affidato alla struttura e di aver subito un danno durante l’erogazione della prestazione sanitaria. Una volta forniti questi elementi, spetta alla struttura dimostrare di aver operato correttamente, non solo dal punto di vista medico, ma anche sotto il profilo organizzativo.
L’ospedale, infatti, è tenuto a garantire un’organizzazione efficiente del servizio sanitario, assicurando personale adeguato, turni correttamente strutturati, presenza delle figure professionali necessarie nelle situazioni di emergenza, strumenti funzionanti e protocolli rispettati. In questo senso, la responsabilità della struttura può emergere anche quando il singolo medico ha agito correttamente, ma il danno è stato causato da ritardi, carenze di personale, mancanza di coordinamento o insufficienze organizzative.
Diversa è la posizione del singolo sanitario, la cui responsabilità è in genere extracontrattuale. In questo caso, l’onere della prova a carico del paziente è più gravoso, perché è necessario dimostrare in modo specifico la condotta colposa del medico e il nesso causale diretto con il danno subito. Proprio per questo, nella pratica, la responsabilità della struttura rappresenta il principale strumento di tutela per il paziente.
Molte richieste di risarcimento falliscono non perché il danno non esiste, ma perché non viene dimostrato correttamente. L’onere della prova è quindi l’elemento che fa la differenza tra una domanda respinta e un risarcimento riconosciuto.
Per questo motivo è fondamentale:
Per accertare la responsabilità medica e sanitaria il paziente deve dimostrare di aver subito un danno avvalendosi di un supporto medico-legale che fa luce sulla vicenda clinica, valutando prove quali documentazione del ricovero, cartella clinica, ulteriori documenti o certificati che attestano le condizioni di salute del paziente prima, durante e dopo il ricovero.
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