Scambiate in culla: risarcimento record da 1 milione

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Si conclude con un risarcimento di 1 milione di euro la vicenda di due donne oggi 33enni scambiate in culla poco dopo la nascita. La ricostruzione dell’errore partita da una foto vista per caso su Facebook.

 

Nacquero entrambe il 22 giugno 1989 nell’ospedale di Canosa, in Puglia, ma vennero scambiate in culla. Una delle due bambine, oggi 33enne, ha fatto causa alla Regione e avrà diritto a un risarcimento record pari a circa 1 milione di euro. La donna ha visto negati i rapporti familiari con la sua vera famiglia (madre, padre e fratello) per 23 anni. 

Dieci anni fa la scoperta, guardando delle foto su Facebook, quindi, l’esame del Dna e la conferma dei sospetti: le due bambine non erano state consegnate alle loro mamme biologiche, ma scambiate nella nursery dell’ospedale. Ma veniamo alla storia, che sembra piuttosto la trama di un film, ma che invece è autentica e scritta negli atti di un processo.

 

Lo scambio

Due gestanti ricoverate a distanza di mezz’ora, diedero alla luce due bambine, nate entrambe con parto cesareo a venti minuti l’una dall’altra. Una si chiamava Antonella, l’altra Lorena: erano figlie di Caterina e Loreta ma quando le loro madri uscirono dall’ospedale portavano in braccio l’una la bimba dell’altra. Antonella finì a casa di Loreta, Lorena da Caterina, dove hanno vissuto per 23 anni senza sospettare nulla.

Antonella, abbandonata dalla madre e maltrattata dal padre prima di finire in un istituto e poi in adozione, ha avuto una vita difficile. Meno difficile la vita dell’altra bambina, Lorena, che ha avuto contrasti con quelli che credeva fossero i suoi genitori biologici, ma niente di paragonabile a quanto capitato ad Antonella.

 

La scoperta sui social

Nel 2012, Caterina vide su Facebook una foto di Antonella e ne notò la somiglianza sorprendente con la sua famiglia, senza sospettare ovviamente che fosse sua figlia. Da quel momento iniziò ad informarsi, sempre tramite social, entrando poi in contatto direttamente con la ragazza e continuando nelle ricerche via via sempre più approfondite. Anche Antonella, insospettita dalla somiglianza e da altre “coincidenze”, cominciò a fare ricerche.

Due anni dopo, sia la giovane donna sia i suoi veri genitori e il fratello iniziarono la loro battaglia giudiziaria conclusasi di recente con la sentenza di risarcimento da 1 milione che, se non appellata dalla Regione, potrebbe diventare definitiva (mentre Lorena ha avviato un’altra causa davanti ai giudici di Bari ancora in corso).

Nel corso del processo è emersa “la condotta gravemente colposa dei sanitari, che ha compromesso sul nascere la relazione tra genitori e figlia e tra i due fratelli”. Per questo è stato disposto di risarcire, come “danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale”, 516mila euro ad Antonella, 215mila ciascuno ai veri genitori e 81mila al fratello.

 

Conclusioni

La sentenza mette un punto fermo ad una storia che ha dell’incredibile ma non chiarisce perfettamente cosa sia accaduto davvero. A Canosa più di una persona ha sussurrato che qualche dipendente dell’ospedale cittadino, una volta andato in pensione, avesse rivelato lo scambio a qualcuno. Questo significherebbe che nessuno dei sanitari dell’ospedale avrebbe fatto nulla per porvi rimedio, lasciando che le vite delle due famiglie scorressero nell’incoscienza. 

Anche la Regione Puglia, nel tentativo di evitare il risarcimento, ha cercato di giocarsi la carta che Caterina e suo marito avrebbero saputo la verità ben prima del 2013, ma loro hanno sempre negato e alla fine la giudice gli ha dato ragione: è certo che la scoperta dello scambio sia avvenuta nove anni fa e che “da lì siano iniziate le sofferenze che hanno determinato lo sconvolgimento delle loro vite” questo ciò che è scritto negli atti.

Categorie:Casi di Errori MediciStorie di Malasanità
Tags:malasanitàrisarcimento

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