Vaccino Covid: chi ha la priorità?

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Non è possibile vaccinare tutti nello stesso momento, ma è altrettanto vero che in nome del principio di uguaglianza ciascuno potrebbe pretendere di essere vaccinato per primo, così da scongiurare il rischio di contrarre il virus.

 

Il 6 marzo 2020 furono rese pubbliche le Raccomandazioni Siaarti, ovvero le 15 raccomandazioni elaborate dalla Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili. Queste raccomandazioni furono allora molto discusse per aver esplicitamente richiamato l’attenzione sull’esigenza di fare triage in circostanze di emergenza e per aver stabilito con trasparenza criteri espliciti per farlo e cioè quelli di riservare risorse a chi ha più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone.

Una dura e ricorrente critica sottolineava come mai e poi mai il medico dovrebbe essere posto di fronte alla necessità di fare tali scelte, anche perché l’uguaglianza umana (intesa in modo secco e diretto) imporrebbe a ciascuno lo stesso accesso ai trattamenti intensivi.

Ora che contro il Covid-19 sono disponibili i vaccini, anche l’Italia sta organizzando la più grande vaccinazione di massa mai fatta prima nella storia.
Anche questo programma prevede un ordine di priorità per all’accesso al vaccino, ordine che è dato per ovvio e scontato in riferimento alle categorie che comprende (operatori sanitari e sociosanitari, personale operante nei presidi ospedalieri, pubblici e privati, ospiti e personale delle residenze per anziani RSA. Poi comincerà il secondo step che riguarderà anziani e malati e gli esponenti delle forze dell’ordine e, probabilmente, anche il personale della scuola). 

Eppure non è così: questo ordine di priorità comporta una selezione o appunto un triage (che in francese significa scelta) analogo a quello proposto dalla Siaarti.

Nelle campagne vaccinali ci sono due strategie che concorrono a minimizzare il numero di decessi, una diretta che prevede di vaccinare prima i gruppi con il più alto tasso di mortalità dovuto alla malattia, e l’altra indiretta in cui invece si immunizzano prima le fasce della popolazione maggiormente responsabili per la trasmissione dell’infezione. L’Italia ha scelto la prima.

Ma la differenza tra l’accesso al vaccino e quella Siaarti circa l’accesso alle terapie intensive sta nel fatto che in quest’ultimo caso conosciamo il nome e cognome di chi avanza la pretesa di essere intubato, mentre nel caso della vaccinazione non sappiamo a priori il nome preciso di coloro che avanzeranno l’analoga pretesa di evitare di contrarre il virus e quindi il rischio di non farcela.

I criteri per l’ordine di priorità vaccinale non possono far altro che individuare diversità che, inevitabilmente, portano a evidenziare aspetti della vita con peso valoriale tanto differente da giustificare la priorità degli uni e la posticipazione degli altri.

Nella nostra condizione caratterizzata da potenza e abbondanza di risorse circa la vaccinazione però sorgono alcune domande cruciali: in base a quali criteri decidere l’ordine di priorità di vaccinazione? Se tutte le vite hanno ugual valore e sono ugualmente preziose, com’è che si stabilisce un ordine di priorità per la tutela della vita fornita dal vaccino?

 

Ripensare l’uguaglianza

Non solo nelle condizioni “eccezionali” del picco pandemico (come per le Raccomandazioni), ma anche nelle condizioni “normali” di distribuzione del vaccino contro il Covid-19, l’uguaglianza è soggetta a priorità che rimandano a differenze e, per l’appunto, a disuguaglianze.

Il Covid e quindi l’ordine di priorità vaccinale porterà con sé un cambiamento della stessa nozione di “uguaglianza”: non è più soltanto la cieca e inesorabile natura a decidere ma sono i criteri etici assunti per la fornitura o meno del sostegno tecnico richiesto (sia esso il vaccino o l’accesso alla terapia intensiva). Con questo non si vuole “accusare” la modalità con la quale si sta intervenendo oggi in Italia ma introdurre uno spunto di dialogo e riflessione sul tema.

Il Covid ci sta cambiando, e questa ne è un’ulteriore conferma.

Categorie:Cure MedicheNews Medicina
Tags:Covid-19diritto alla salutevaccino

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