Esistono scuole di specializzazione fuorilegge?

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Sì esistono, e sono quegli istituti che hanno ricevuto l’accreditamento in via provvisoria, perché manchevoli di determinate caratteristiche, ma che non si sono mai messi in regola negli anni successivi.

 

Per diventare un dottore, che sia un ginecologo, pediatra, neurologo, ortopedico, ecc. dopo la laurea in Medicina bisogna fare dai 4 ai 5 anni di specializzazione. 

Le Scuole di specializzazione accreditate dai ministeri della Salute e dell’Università oggi sono 1.326. I requisiti richiesti sono: strutture e professionisti competenti, laboratori attrezzati, reparti di degenza collegati alle scuole, per garantire il tirocinio, con numero minimo di interventi chirurgici svolti. Questi standard sono stati definiti, per la prima volta, nel 2017. 

L’accreditamento può essere dato anche in via provvisoria alle Scuole che non hanno tutti i requisiti, a patto che garantiscano di mettersi in regola entro due anni con la presentazione di un piano di adeguamento. Chi deve decidere chi ha i requisiti e chi no è l’Osservatorio nazionale della formazione sanitaria specialistica, e che dipende dal ministero dell’Università.

 

Scuole non in regola

Oggi le Scuole di specializzazione non a posto sono 85, di cui 12 da cinque anni, 3 da quattro, 7 da tre, 3 da due anni. Altre 47 sono state retrocesse perché i requisiti li avevano persi da tempo.

Ma cosa manca? Un po’ di tutto, ecco alcuni esempi: alla scuola di specializzazione di Urologia di Catanzaro manca il pronto soccorso, a quella di Geriatria a Torino manca il reparto di lungodegenza/Rsa. Alla Scuola di specializzazione per Otorini di Napoli non c’è chiarezza sugli interventi svolti: i posti letto sono 3, troppo pochi per garantire l’attività minima necessaria per l’accreditamento. E l’elenco delle scuole sarebbe ancora lunghissimo.

Complessivamente le ragioni dell’accreditamento provvisorio sono queste: nel 55% dei casi manca uno dei due docenti che ci devono essere per ciascuna scuola di specializzazione per legge, nel 16% i docenti non hanno prodotto l’attività scientifica richiesta, nel 6% la rete formativa è insufficiente (vuol dire che l’attività che può svolgere lo specializzando in corsia è troppo scarsa), nel 19% i volumi assistenziali sono troppo bassi ( ci sono troppo pochi pazienti), nel 13% non ci sono i requisiti come la presenza del Pronto soccorso (il totale fa più di 100 perché in alcuni casi manca più di un requisito).

A novembre 2018 era stato scoperto che più di 40 scuole erano fuorilegge. 

Cosa è successo a tre anni di distanza? Che 14 si sono messe a posto, 3 hanno abbandonato, una non è più stata accreditata (ginecologia del Campus biomedico). Le altre 22 sono ancora accreditate anche se non sono in regola.

 

Cosa dicono gli studenti?

Sì le cose sono un po’ migliorate, ma solo a metà. Ecco cosa emerge dal questionario che il ministero dell’Università ha pubblicato nell’aprile 2021 per monitorare la condizione delle Scuole di specialità e a cui hanno risposto anonimamente circa 11 mila specializzandi. In 79 scuole almeno due terzi degli specializzandi dichiarano di non avere mai avuto, o raramente, il tutor obbligatorio per legge ogni tre specializzandi. Alla domanda: la scuola ha offerto un’attività didattica formale in linea con il piano formativo? In 42 scuole più dei due terzi ha detto no. 

Chi è in formazione deve ruotare tra reparti di diversi ospedali in modo da avere una rete formativa che permetta di fare un’esperienza variata: gli specializzandi dichiarano che in 7 scuole non c’è rete, in 31 non ce li mandano. In compenso in 267 scuole gli specializzandi dichiarano di essere obbligati a lavorare oltre le 38 ore settimanali perché costretti a coprire la carenza di personale.

Con l’epidemia Covid-19 si è capito che il numero di specializzandi erano troppo pochi e si è passati dai settemila posti del 2018 (con 1.123 Scuole di specializzazione) ai 18 mila di adesso. 

Che la formazione avesse problemi si era capito da tempo, ma la tolleranza continua ad essere ampia. Anche qui parlano i dati. Grado di soddisfazione: in ben 315 scuole il voto medio (da 1 a 10) attribuito dagli specializzandi alla loro scuola, è inferiore a 6. 

 

Ma com’è possibile tutto questo? 

Le scuole dovrebbero ogni anno presentare una richiesta per confermare l’accreditamento.

Ma molte non lo fanno, sperando nel silenzio assenso, perché hanno ottenuto in passato il nullaosta in deroga, senza avere tutti i criteri per essere accreditate. Ora puntano sul fatto che nessuno va a chiedergli conto del rinnovo dell’accreditamento e continuano a tenersi gli specializzandi che rappresentano un’ottima risorsa. 

Per l’Università prendere l’accreditamento come Scuola di specializzazione garantisce posizioni di prestigio ai professori titolari di cattedra, mentre per gli ospedali collegati significa avere a disposizione forza lavoro a costo zero (gli specializzandi li paga lo Stato con contratti di formazione). Quindi la situazione resta molto complessa. 

Categorie:News Medicina
Tags:scuole di specializzazione

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